Anemos

La parola “anima”, deriva dal greco “Ànemos” che significa soffio, vento. Il titolo non poteva che essere più appropriato per il mio lavoro. L’ anima, parte vitale e spirituale di un essere vivente, non ha un inizio, è immortale e incorporea. Il vento nella mia installazione invece è quell’energia sprigionata dalla società, dal mondo globalizzato, dal flusso degli eventi. Il “vento” scuote continuamente gli individui, travolgendoli in un eterno ondeggiare. Una moltitudine di “anime” sospese nel vuoto non hanno un’origine; proprio come dice Platone, “l’anima non ha un inizio”. Fili rossi, lunghi, si muovono e si librano nello spazio. Le “anime” sono ridotte a esili fili fragili, l’uomo contemporaneo svuotato dei valori fondamentali, che sembrano essersi dissolti nel nulla. Fili come radici capaci ancora di collegarci alla terra, come vasi sanguigni in cui scorre la linfa vitale, come collegamento tra terra e quel mondo virtuale nel quale molti sono abituati a rifugiarsi. Ogni corda rappresenta uno di noi, un essere vivente, un individuo qualsiasi, ignaro di essere trascinato quotidianamente dal “vento”. Trasportato da un flusso infinito di eventi, di suoni, immagini, profumi e stimoli; è un vero e proprio assedio, apparentemente senza fine.

L’anima è legata a doppio nodo con il cuore; ogni corda presenta dei piccoli cuori di cotone ricamati a mano, chiusi in un portareliquie di plastica. Un contenitore che preserva la parte più intima dell’individuo, protegge i sentimenti. Il cuore “Anima” la vita, ha un rapporto speciale con lo spirito, l’intento e il soffio vitale. Se da una parte vi è il caos, il rumore, il logorio della società, dall’altra si palesa l’esigenza di riscoprire l’intensità e la dinamicità del silenzio. La capacità di fermarsi, di concedersi uno spazio tra periodi o situazioni della vita è fondamentale per dare nuovo senso alla propria esistenza. Anche il silenzio e l’inattività hanno valore di messaggio; riposo e intervalli ma anche vuoto e noia possono diventare passaggi evolutivi, varchi nella nostra vita profonda.

Ascoltare il silenzio vuol dire mettersi di fronte se stessi, entrare in contatto con i nostri motivi sotterranei, spesso trascurati e insoddisfatti. Spesso si preferisce circondarsi di rumore per sfuggirvi, lasciando in silenzio le nostre vere esigenze. Queste “pause silenziose” sono tempi “fuori da”, senza obiettivi, senza orologio.

L’ obbiettivo è quello di catapultare lo spettatore in una dimensione estranea al tempo. Chi si avvicina all’ opera sarà inevitabilmente rapito dalla curiosità di penetrare nella fitta rete di fili, dovrà farsi largo tra le anime che agitate dal vento si muovono continuamente; sentirà sulla pelle i fili esili e morbidi e nel lento vagare sarà colto dal silenzio improvviso. Durante i momenti di quiete l’individuo potrà soffermarsi sui cuori immobili sospesi nel buio, riflettendo per poi essere travolto nuovamente dal caos del mondo.

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